…NELLA TERRA DI BOLIVAR

25 06 2010

Siamo in Bolivia da ormai 2 settimane abbondanti…diciamo che il primo impatto non è stato esattamente come ce lo saremmo aspettati. Le persone ci sono parse poco amichevoli, a volte burbere e maleducate, con una spiccata propensione a prendere per i fondelli il malcapitato turista con qualsiasi mezzo possible, il che può rivelarsi a volte decisamente frustrante. La prima volta ci puoi anche ridere sopra, la seconda pure, ma la terza comincia un pochetto a indisponerti e di buffo non ci trovi più nulla. E’ vero che in qualità di viaggiatori siamo tenuti a rispettare le usanze e la mentalità dell’ospite, ma vi assicuro che a volte risulta davvero difficile visto che a nessuno piace farsi prendere in giro.
Il problema è che ti ritrovi giornalmente a combattere una “battaglia” con questi criollos per guadagnarti un pò di dignità e rispetto. Ti guardano in faccia e in qualità di gringos devi sapere fin dal principio che qualsiasi cifra che ti viene offerta sarà almeno doppia, se non tripla rispetto a quella effettiva.
Diciamo che questa è la realtà che il turista deve affrontare un pò in tutto il Sud America perchè qui l’usanza comune vuole che il locale spilli più soldi possibili a questi gringos che di soldi ne hanno effettivamente più di loro. Ma abbiamo avuto la sensazione che qui la cosa sia motiplicata all’ennesima potenza. E’ meno pesante quando qualcuno, come succede per esempio in Argentina, cerca di fregarti ma lo fa col sorriso sulle labbra e quando si rende conto che hai capito esattamente l’antifona torna sui suoi passi ed è disposto a trattare. Qui difficilmente si rimangiano la parola a costo di perdere un possibile “cliente”, il che ci fa pensare che siano molto orgogliosi.
La cosa che rende la situazione esasperante, oltre che fastidiosa, è che sei costretto a girare come una trottola per trovare quelle poche persone che ti trattano con rispetto…e lo fai solo per principio visto che a conti fatti quello che vieni a risparmiare è solo qualche boliviano.
Poi fai un altro pensiero….se questi personaggi locali continuano a povarci…a “fregarti”…probabilmente il motivo va ricercato nel fatto che molti turisti sono propensi a lasciarsi imbrogliare…e allora pensi che tutto sommato fanno bene….perchè diciamocelo….bisogna anche imparare a svegliarsi quando si viaggia….però a volte qui hanno manifestato una tale disonestà che ci hanno fatto veramente incavolare e la tentazione era di mandarli a quel paese…ma ci siamo quasi sempre trattenuti accomiatandoci con un “gracias….adios”…solo una volta ho letteralmente mandato a quel paese un boliviano….nel deserto per andare in bagno mi chiedeva ben 3 boliviani quando tutti ne chiedono 1….apparte che ti fa incavolare il fatto che ogni volta che devi espletare certe necessità (e chi mi conosce sa benissimo che mi succede spesso) ti tocca pagare….ovunque….per quanto mi riguarda ne ho già lasciati giu parecchi di soldi per dei bagni che di bagni non avevano nulla….stavo anche per darglieli questi 3 boliviani…al che gli ho detto “mi sembrerebbe un pò tantino per fare la pipì”….al che lui ha ribadito in una lingua che non intendenvo, probabilmente lingua quecha…a quel punto me ne sono andata dopo averlo mandato a quel paese (in italiano ovviamente ma con un gesto internazionale)….e l’ho mandato nuovamente a quel paese quando ci intimava ad espletare le medesime necessità nel deserto dietro una roccia, affermando che era vietato…nel deserto….vietato…ma figurati…
Ovviamente ci sono le eccezioni alla regola. Normalmente sono gli anziani quelli meno amichevoli e i giovani al contrario si pongono in un modo più aperto e disponibile, ma anche qui dipende dalla situazione…puoi trovare al contrario giovani antipatici e burberi e anziani assolutamente amabili.
Del resto non li biasimo particolarmente…se ci pensi un pò a mente fredda ti rendi conto che sono persone che vivono e hanno sempre vissuto in piccoli paesi dispersi nel deserto che non hanno mai avuto grandi contatti con l’esterno. E’ normale che non ci vedano di buon occhio. Però a volte ti fanno letteralmente venire voglia di scappare.
Gia qui a Sucre che è una città più grande e più moderna rispetto ai paesetti che abbiamo visitato finora, la gente appare più aperta e amichevole. Discorso a parte va fatto per i conducenti di auto e autobus che sembrano fare a gara ad investire i pedoni (avete presente il giochetto Charmageddon? ecco, qui funziona così….bisogna essere veloci a levarsi dai piedi altrimenti si fa una brutta fine).
E poi tutti gli autisti hanno la mania di suonare il clacson sempre e comunque, anche quando non è necessario….probabilmente lo fanno per noia o per abitudine, un pò come succede a Napoli (chi è stato a Napoli almeno una volta nella vita sa a cosa mi riferisco). Nei piccoli paesi in realtà il clacson ha una certa funzione…siccome la segnaletica stradale è ridotta all’osso la gente usa suonare il clacson per accaparrarsi la precedenza…il primo che suona arrivando ad un incrocio passa.
Qui in Bolivia è normale incontrare ragazzini o addirittura bambini a partire dai 6-7 anni, occupati nei lavori più disparati, soprattutto come venditori ambulanti. Specie nei piccoli paesi la maggior parte delle donne si vestono con gli abiti tradizionali: una gonna a coste più o meno lunga e più o meno pesante a seconda della zona, che si allarga a ventaglio subito sotto la vita, sandali con o senza calze dipendentemente dal clima e lunghe treccione nere. Normalmente portano sulla schiena bimbi o carichi di ogni sorta avvolti in teli dai colori sgargianti (il che spiega perchè dopo una certa età siano tutti gobbi).
Le strade sono gremite di bancarelle che vendono un pò di tutto: dai gelati fatti in casa a ogni tipo di frutta, dalle empanadas alle hamburguesas, dalla pasta fritta alle patatine, dai pop-corn alle soltenas….insomma si potrebbe passare la giornata a mangiare e una persona golosa qui rischia la pancia. La verdura e la frutta sono davvero ottime…sane, colorate, ovviamente non trattate con prodotti pesticidi…e una delle cose migliori qui, sono le bancarelle che vendono frullati, succhi e insalate di frutta fatte al momento…apparte il fatto che sono stra economici (un frullato ti costa più o meno 20 centesimi di euro), sono semplicemente eccezionali…freschi, gustosi, densi e squisiti.
Poi qui vanno matti per queste sorta di gelatine colorate ricoperte da panna montata a mano. A dire il vero non le abbiamo mai assaggiate perchè danno un pò l’idea di finto, ma queste file di bicchieri colorati sono talmente belle da vedere che il gusto passa in secondo piano. Ogni tanto agli angoli della strada si incontrano bancarelle che vendono dolci…ma non semplici dolci…sono file e file di bellissme torte alte, ricoperte di panna e decorate con motivi di cioccolato e creme colorate…sembrano torte da cerimonia, eppure qui sono all’ordine del giorno.
E poi ci sono i mercati che sono la cosa più folkloristica ed affascinante che abbiamo incontrato finora. Un tripudio di colori dove puoi trovare tutto quello che ti occorre ovviamente a prezzi stracciati. E poi sono semplicemente enormi…a Potosì, che è una città non molto grande (fa 160 mila abitanti più o meno) siamo capitati dentro al mercato domenicale….beh, non riuscivamo più ad uscire…un dedalo infinito di bancarelle. Ci puoi anche mangiare qualunque tipo di cibaria visto che un sacco di persone vi preparano pentoloni dai cibi più svariati.
In Bolivia impazziscono per il pollo che puoi trovare sempre e in tutte le salse. Le patate e il riso fanno da contorno a praticamente tutti i piatti.
E’ molto diffuso un tipo di riso che chiamano Arroz granizado perchè il chicco non è intero come quello che usiamo mangiare in Italia ma è tutto spezzettato. Per quanto riguarda le patate qui ne esistono oltre 250 (almeno così dicono qui, magari un pò esagerano anche)…non capisco perchè quella volta siano stati esportati in Italia solo così pochi tipi di patate. Magari sarò anche ignorante, ma mi sembra di essere cresciuta solo con la classica patata dalla buccia marroncina-giallina, quella rossa di Rotzo e quella dolce americana… Qui se devi fare una zuppa di patate vai letteralmente in crisi perchè la scelta è troppo vasta e non sai cosa sciegliere….per esempio, hanno delle piccole patate gialle che somigliano a carote che si cucinano al forno con la buccia e sanno di castagne…fantastiche.
La vita qui costa veramente poco, niente a che fare con i prezzi dell’Argentina. Molti ristoranti ti preparano l’almuerzo o la cena comprensivi di primo, di solito zuppa (anche per le zuppe vanno matti i boliviani) e secondo con carne e riso e patate, per 10 boliviani, il che equivale a più o meno 1 euro e 20…è incredibile….il nostro budget ringrazia.
Da qualche giorno siamo a Sucre che è una città bella e dinamica, con un ottimo clima primaverile per tutto anno.
In quanto ex capitale della Bolivia racconta buona parte della storia del paese che noi abbiamo avuto la fortuna di conoscere grazie a Noel che oltre a vivere qui è anche guida turistica. Incuriositi dai suoi racconti abbiamo anche visitato il museo dedicato alla nascita della repubblica dove è contenuto il documento originale in cui si proclama l’indipendenza del paese avvenuta il 6 agosto del 1825. Il museo ha sede nella Casa de La Libertad che si trova all’interno dell’ Università dei Gesuiti, un edificio settecentesco che si affaccia sulla verdissima e centrale Plaza 25 de Mayo, sempre gremita di persone.
Nel 1991 il centro storico di Sucre fu dichiarato patrimonio mondiale dell’UNESCO e grazie ad alcuni regolamenti edilizi è stato possibile mantenere l’aspetto originale della città. Sono vietate le insegne al neon e un’ordinanza obbliga i cittadini ad intonacare di bianco gli edifici una volta l’anno per mantenere quella caratteristica che le ha fatto guadagnare l’appellattio di “Ciudad blanca de Las Americas” (città bianca della Americhe).
Bellissimo il parco Bolivar che fu costruito sullo stampo degli Champs- Elysees di Parigi. E’ considerato il parco degli innamorati perchè fu costruito da un principe, Francesco, in onore dell’amata Clotilde la quale, innamorata della città di Parigi, soleva recarvisi spesso. Con questo dono Francesco ottenne di tenere la bella Clotilde al suo fianco a Sucre per sempre.
Noel ci ha raccontato anche l’attuale situazione politica del paese. Nelle elezioni presidenziali del 2005 ha assunto la carica Evo Morales, leader del Movimiento al Socialismo e primo presidente indigeno a guidare lo stato. E’ amato dal popolo boliviano perchè a quanto sembra stà attuando una politica Per il popolo aumentando i salari e concendendo incentivi ad anziani, donne incinte e all’istruzione dei bambini.
Oggi pomeriggio abbiamo un pulmann per la capitale del paese, La Paz. In origine l’idea era di spostarci verso est, a Santa Cruz, per visitare la parte amazzonica. Qui avremmo potuto vedere anche il cammino del Che, la zona dove Ernesto Che Guevara ha trascorso gli ultimi giorni della sua vita prima di essere catturato ed assissinato a La Higuera.
Ma alla fine abbiamo cambiato piani perchè ci hanno detto che non è una zona che vale la pena visitare, visto tra l’altro che la parte amazzonica la si può visitare al nord del paese. Sicchè questa notte ci aspettano 12 ore in un comodissimo autobus cama.
Ci risentiamo alla prossima.
Un abbraccio a tutti…mi mancate…Silvia
Vi lascio con un omaggio al Che…

CANZONE PER IL CHE

Un popolo può liberare se stesso
dalle sue gabbie di animali elettrodomestici
ma all’avanguardia d’America
dobbiamo fare dei sacrifici
verso il cammino lento della piena libertà.

e se il rivoluzionario
non trova altro riposo che la morte,
che rinunci al riposo e sopravviva;
niente o nessuno lo trattenga,
anche per il momento di un bacio
o per qualche calore di pelle o prebenda.

I problemi di coscienza interessano tanto
quanto la piena perfezione di un risultato
lottiamo contro la miseria
ma allo stesso tempo contro la sopraffazione

Lasciate che lo dica
mai il rivoluzionario quando è vero
è guidato da un grande
sentimento d’amore,
ha dei figli che non riescono a chiamarlo,
mogli che fan parte di quel sacrificio,
suoi amici sono “compañeros de revolucion”.

Addio vecchi, oggi è il giorno conclusivo;
non lo cerco, ma è già tutto nel mio calcolo.
Addio Fidel, oggi è l’atto conclusivo;
sotto il mio cielo, nella gran patria di Bolìvar
la luna de Higueras è la luna de Playa Giron.
Sono un rivoluzionario cubano.
Sono un rivoluzionario d’America.

Signor Colonnello, sono Ernesto, il “Che” Guevara.
Mi spari, tanto sarò utile da morto come da vivo


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2 responses

27 06 2010
Francesca

hola, quel che leggo della bolivia è molto simile a quello che ho vissuto in ecuador. la bolivia per quel che ne so è comunque lo stato più povero dell’america latina, la tentazione di fregare i gringos e di difendersi dall’esterno è troppo grande e troppo radicata. è anche l’unico paese così grande a non avere uno sbocco al mare. glielo ha fregato il perù non mi ricordo più quanto tempo fa. una nazione sacrificata, insomma. e forse per questo quella da cui sta ripartendo in qualche modo la rinascita indigena. non sapete quanto vorrei essere lì con voialtri, ma riconosco nella vostre parole il forte limite di essere turisti. per quanto cercate di tenervi su un basso profilo, sarà difficile per voi guadagnarvi il rispetto di un indigeno. quello che mi son portata a casa dell’ecuador sono le parole e la gentilezza delle donne delle comunità di altura. mi offrivano sempre quel poco che avevano, arroz y papas mangiati per terra con le mani, in mezzo a bambini con la faccia bruciata dal sole e dal vento che mi guardavano come fossi un marziano. ma avevo la fortuna di rappresentare qualcosa per loro, portavo la voce di un altro mondo, da cui dipendeva il loro lavoro. in più non ero solo di passaggio, hanno avuto il tempo di conoscermi e io ho avuto la possibilità di essere introdotta a loro da gente del posto ( il prete mi portava sempre con lui, e lui era uno di loro…). ragazzi, la vostra avventura è magica, e io me lo sogno di avere negli occhi la natura e l’umanità che avete di fronte a voi. ma essere turisti comporta rivestire un ruolo ben preciso, soprattutto in alcune realtà. per essere un po’ meno turisti dovreste decidere di fermarvi in qualche posto, trovare un gancio locale (italiano) e mettervi a disposizione per fare qualsiasi cosa. in certi contesti le competenze più impensabili e marginali possono risultare preziosissime. tuttavia se ho ben capito volete vedere quante più cose possibili e sfruttare al massimo questa occasione unica. e chi può darvi torto (al max tanta invidia!). non me ne vogliate, credo di ricalcare riflessioni che avrete già fatto da voi. la vostra è una scelta e lì, in bolivia (cuore pulsante), ne avete testato a pieno le conseguenze.
progetti in gemellaggio con l’italia ce ne sono un po’ dappertutto. lì in bolivia lavora anche loma santa, di vicenza, in collaborazione col mlal. l’ecuador, poi ha colonie di italiani che fanno cooperazione. credo che mettervi in contatto con queste realtà e visitare qualche progetto sarebbe per voi in prima persona un’esperienzain più.
vedo leggo sento che portate con voi la sensibilità della strada, della gente, per questo vi parlo così.

vi mando un forte abbraccio

13 04 2011
Susanna

Ciao, sono Susanna, cercavo una foto del Cerro per una presentazione powerpoint per l’università e sono capitata per caso sul vostro blog.. vedendo che parlavate in questa parte della Bolivia mi sono fermata un attimo a leggere.
Io ho vissuto 9 anni in Bolivia, due mie sorelle sono nate la (cocha e potosì) e l’ultima è stata adottata la, i miei hanno fondato il “proyecto nino”, ho fatto la prima e la seconda elementare e poi la 3 superiore, un percorso abbastanza vario.
Ho letto con interesse le vostre parole, vivere lo stato da turista è sicuramente diverso, e mi permetto di dissentire su alcuni punti dando magari l’altro lato della prosprettiva. Mi trovo in accordo con il discorso che Francesca fa nel suo commento, penso alla stessa situazione portata qua in Italia da noi. Non vuole essere assolutamente una scusante per loro (Boliviani) questo mio commento, ma la realtà è molto più complessa di quello che può sembrare e credo che nemmeno vivendo la anni si riesca a capirla a fondo.
Bolivia, terra che è rimasta sottomessa per 500 anni, terra di persone abituate a fare fatica, a soffrire, a condizioni estreme. Culturalmente il contrattare non è un fregare, e chi vive la lo sa bene. si contratta sul prezzo di qualsiasi cosa, dalla verdura alla maglietta, dal taxi alle scarpe, dai cd alle macchine fotografiche. E contrattano tutti, non solo con gli stranieri. A noi risulta assurdo, se una maglietta all’OVS ha il cartellino con scritto 30 euro, noi ne tiriamo fuori 30 (e qua però già mi viene da pensare ai mercati del sud italia, o alle bancarelle dei cinesi o nordafricani). Spesso il prezzo è suplicato, lo so io e lo sa lui, e sappiamo entrambi bene o male quale sarà il prezzo finale. Con gli stranieri poi è un discorso difficile, ovviamente non nascondo il fatto che il trattamento possa essere diverso. Però guardandolo nell’ottica del posto dove si è, della sua storia e situazione economica, come giudicarli? da noi i prezzi nelle località turistiche salgono per tutti, la è come se ci fosse una sorta di innalzamento solo per i turisti (non ci si può permettere di alzare il prezzi anche ai cittadini che già fanno fatica a vivere così). E poi è un po’ come dice Francesca, ci si fa furbi. Cerco ciò non aiuta poi a invogliare a tornare è vero, ma questo discorso lo possono fare persone che hanno una visuale più ampia dei sistemi economici e di cosa sta attorno.
Purtroppo l’aria che avete trovato voi è stata influenzata negativamente dagli anni di governo di Morales, presidente nel quale si avevano talmente tante speranze che poi sono rimaste ampiamente deluse. Morales che ha iniziato una politica “contro i gringos”, che ha addirittura chiuso le adozioni internazionali, che finge di aiutare il popolo quando in realtà monopolizza i suoi ex “companeros cocaleros” contro lo stesso governo. Altra tematica profondamente complessa.
“Qui difficilmente si rimangiano la parola a costo di perdere un possibile “cliente”, il che ci fa pensare che siano molto orgogliosi.”.. è vero, assolutamente. e quante volte ho puteado contro di loro per questo motivo. ma è l’unica maniera che a loro rimane per poter alzare (anche fosse facendosi del male, anche fosse una volte) la voce, per non essere i poveri indigeni di cui avere pietà.
Mi è sembrato di capire che a livello umanistico l’esperienza non vi abbia dato molto e mi dispiace molto. Certo su altri aspetti è fantastico, frutta e verdura, artigianato, colori.. non si può dire che non siano splendidi. Spero riuscirete magari a tornare con un’ottica diversa, riuscendo a viverlo non come turisti in un certo senso “freddi ed abituati al loro” (non vuole essere offensivo come aggettivo) ma considerando anche il livello storico culturale.
Scusate l’intromissione
Susy

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